mercoledì 28 ottobre 2015

AFRICA. LO SFRUTTAMENTO DEL LAVORO PER L'INDUSTRIA INFORMATICA. B. WARNER, Congo, l'Inferno in Terra degli schiavi 'digitali' che estraggono i minerali per i nostri pc, L'ESPRESSO, 28 ottobre 2015

Uno dopo l'altro, a piedi nudi, il popolo della miniera esce dalle acque melmose per raccontare la sua storia. Molte sono donne, alcune adolescenti. Sono visibilmente stanche e agitate. Alcune appaiono spaventate. Accusano una serie di malesseri, il tipo di dolori e malattie di cui di solito si lamentano gli anziani. Ciascuna di loro soffre di mal di testa cronico, dolori debilitanti al torace e alle giunture, respiro affannoso. Stare in una pozza di metalli pesanti e uranio tutto il giorno, tutti i giorni, ha questo effetto sul corpo.



Benvenuti nelle miniere e nella cave a cielo aperto di Kolwezi, la più vasta zona di estrazione di rame e cobalto della Repubblica Democratica del Congo. La ricchezza mineraria della DRC è sbalorditiva. Vale 24 miliardi di dollari, più del prodotto interno lordo dell'Unione Europa e degli Stati Uniti. Sono il rame, il cobalto e tantalio di questa zona dell'Africa ad alimentare la nostra era digitale. Queste materie prime finiscono nei nostri laptops, nei cellulari, nei motori degli aerei, nelle reti elettriche. Nonostante la sua importanza nell'ambito dell'economia mondiale, il Paese è perennemente nella zona più bassa dell'indice di sviluppo umano delle Nazioni Uniti. La vita media è di 52 anni, peggio che in Somalia.


Ecco il trailer di 'Maisha: A New Life Outside the Mines', il documentario che sarà presentato a Roma, il 29 ottobre, Maisha: A Life Outside the Mines che sarà presentato in anteprima a Roma, il 29 Ottobre, presso la Sala Marconi di Radio Vaticana, in Piazza Pia, 3. Girato in una regione della Repubblica Democratica del Congo di difficile accesso per i media, racconta la vita nelle miniere di cobalto e rame della regione di Kolwezi, in Katanga. Il documentario illustra inoltre il progetto della Good Sheperd International Foundation per mandare a scuola i bambini delle miniere, costruire una fattoria cooperativa e creare una manifattura tessile, in modo da fornire agli ex lavoratori delle miniere un futuro alternativo

Il settore minerario è di gran lunga la voce più importante nelle esportazioni, e tuttavia questa domanda globale di 'minerali digitali' impone ai congolesi un prezzo molto alto. Per anni, gli attivisti dei diritti umani hanno riferito che bambini in età scolare, donne incinte e madri che allattano vengono impiegati nelle attività estrattive che assicurano queste materie prime al mercato globale. E a dispetto dell'evidente violazione dei diritti umani più basilari, i governi mondiali, e in particolare la UE, finora sono stati lenti nell'emanare leggi che obblighino le multinazionali a tracciare la loro filiera produttiva fino alle fonti primarie, per mostrare chi muore affinché noi possiamo avere il nuovo iPhone 6 o il laptop di nuova generazione.

E'  "impossibile per i consumatori ricevere qualunque tipo di garanzia” che i prodotti hi-tech non siano stati costruiti utilizzando materie prime estratte violando diritti umani basilari , spiega Frederic Triest, Deputy Executive Secretary dell'European Network for Central Africa, o EurAC , lobbista presso la Commissione Europea per l'approvazione di una nuova legge sull'estrazione responsabile delle materie prime. "Se domani una compagnia che produce cellulari cominciasse a etichettare i suoi prodotti con un 'Questo telefono è conflict-free' o 'questo telefono non viola i diritti umani' avrei molti dubbi sulla veridicità dell'affermazione. Le grandi aziende hanno una conoscenza limitata e parziale della loro catena di approvvigionamento".   

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Repubblica Democratica del Congo, è nato un progetto per il popolo delle miniere

A Karina, nella zona di Kolwezi, tutta la popolazione viveva esclusivamente lavorando nelle cave a cielo aperto e nelle miniere. Ora, grazie a un progetto di solidarietà e sviluppo, sono state create una scuola e una fattoria. Per migliorare le aspettative di vita di una popolazione allo stremo e dare una speranza alle giovani generazioni


L'ultimo anello della filiera globale è un posto come Kolwezi, dove abbiamo girato nel maggio 2015 un documentario per conto della Fondazione Internazionale Buon Pastore ONLUS sulle condizioni in cui lavorano buona parte di coloro che vivono di estrazione mineraria nella RDC, in particolare in nel segmento delle cosiddette “miniere artigianali” e sull’impatto che il loro progetto sta ottenendo sulla vita di questa comunità. Kolwezi si trova nella regione meridionale del Katanga.

Qui non ci sono signori della guerra, bambini-soldato né conflitti armati. In compenso, vi si trovano multinazionali con concessioni minerarie grandi come piccoli paesi europei. Accanto alle loro miniere, ci sono appunto i minatori artigianali. Il governo della DRC ha incoraggiato il fenomeno negli ultimi 15 anni per guadagnarsi il favore delle masse di disperati in cerca di un guadagno facile, senza pero’ regolarlo efficacemente. Con la Gécamines, ex-monopolista estrattivo statale, vicina al collasso, è diventato pericolosamente evidente che l'attività di estrazione artigianale, proliferata anarchicamente ai limiti dell’abusivismo, rappresenta l'ultima speranza di mantenere parte della ricchezza mineraria del Paese in mani locali.


In un Paese di 75 milioni di persone, circa un congolese su sei è impiegato in questa attività. Leggi locali e trattati internazionali che proibiscono il lavoro minorile vengono largamente disattesi da queste parti. L'Unicef stima che a Kolwezi, e nelle vicine Kipushi and Likasi, circa 40.000 bambini lavorino in miniera. A vedere dal vivo il gran numero di bambini che estrae i minerali accanto agli adulti, la stima sembra addirittura bassa. Le donne, poi, sono particolarmente a rischio. Secondo una relazione recente della Banca Mondiale, 4 su dieci riferiscono di aver dovuto offrire prestazioni sessuali anche solo per accedere alle miniere e alle cave.

Una delle donne che ho incontrato, Maria Kahumba Yav Mwambuyi, mi ha detto che lei consigliava alle più giovani di tenersi lontane dalle miniere, di cercare lavoro altrove: “Qui siamo trattate peggio degli animali”. Lei, raccontava, ha lavorato dieci anni prima di lasciare. Per tutto il tempo ha sofferto di mal di testa devastanti, che la costringevano ad interrompersi spesso mentre lavava e suddivideva il rame grezzo. Ha avuto infezioni interne, alle gambe e all'utero. Mi ha confidato di essere convinta che la miniera la stia uccidendo, e che quello che ha patito spieghi perché suo figlia più piccola, cinque anni, abbia gli stessi sintomi nonostante non abbia mai messo piede vicino alla miniera. “I dottori mi hanno detto che stavo inalando troppa polvere. Qui tutto è malsano: passiamo tutto il tempo qui in mezzo ai minerali, immersi nell'acqua tossica”. Ora lei lavora in un azienda agricola locale: “Guadagno una miseria, ma se torno a scavare muoio” dice. Un'altra ragazza, visibilmente incinta, ci spiega tra le lacrime che conosce i rischi per il bambino che porta in grembo, ma non ha altri mezzi di sostentamento. Una terza, diciassette anni e un bambino di due settimane appoggiato in una cesta a poca distanza da dove la madre sta lavorando, ci mostra quello che ha guadagnato in giornata: 1000 franchi congolesi, circa un dollaro americano.

Il ministero della DRC che si occupa del settore minerario artigianale sta cercando di migliorare le condizioni di lavoro di questa comunità, ma i suoi rappresentanti ammettono che non hanno né i fondi né le competenze per formare e proteggere i lavoratori. Il tentativo piu’ significativo da parte della comunita’ internazione di garantire che queste forme di sfruttamento non siano alimentate dalla domanda globale di minerali e’ stata la Legge USA Dodd-Frank, meglio nota per aver regolato Wall Street. La definizione di 'conflitto' nella Dodd-Frank non comprende la situazione della zona di Kolwezi, ma ha avuto almeno come risultato quello di spingere alcune grandi aziende – da Apple a Intel – a iniziare controlli sulla loro filiera di approvvigionamento. L'Europa è molto più indietro. A Bruxelles è da anni in discussione una proposta di legge su questi temi, ma non si riesce a trovare un consenso tra gli stati membri. La bozza chiede che gli importatori dei cosiddetti 'minerali digitali' ovvero stagno, tungsteno, tantalio e oro provvedano volontariamente a controllare tutta la filiera.  

La rete, Eurac, sostiene che la proposta del Parlamento UE che sarà discussa a fine Novembre dal Consiglio europeo, sia troppo debole, perché i controlli dovrebbero essere obbligatori e dovrebbero comunque riguardare la filiera fin dall'inizio. Nel frattempo, mentre l'Unione Europea tergiversa, la situazione in Repubblica Democratica del Congo peggiora. Il prezzo del rame e del cobalto è sceso ai minimi da cinque anni a questa parte. La Gécamines è in netta perdita e la situazione politica si va deteriorando ovunque nel paese. Quando leggo i titoli delle agenzie sul Paese africano penso alla neo mamma di 17 anni con il bambino sulle spalle che mi guarda e dice: 'è dura', cercando di trattenere le lacrime. 

Bernhard Warner è un giornalista statunitense esperto di business technology.

(Traduzione di Lara Crinò)

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