lunedì 3 ottobre 2016

STIPENDI A CONFRONTO FRA DIPENDENTI E MANAGER. S. BOCCONI, Moda&Industria, due secoli per guadagnare come il boss, CORRIERE DELLA SERA, 3 ottobre 2016

Qualcuno per la verità c’è: la regola aurea di Adriano Olivetti sui compensi delle figure top aziendali («Nessun dirigente, neanche il più alto, deve guadagnare più di dieci volte l’ammontare del salario minimo») in qualche sporadico caso viene rispettata. Ma si tratta per lo più di presidenti non operativi. I compensi degli amministratori delegati, soprattutto se ricoprono anche la carica di direttore generale, sono ben al di là di quei «limiti morali». Lo indica una elaborazione di R&S Mediobanca sugli emolumenti incassati dalle figure apicali nei principali gruppi quotati in Borsa.



Cifre che mettono in evidenza differenze consistenti fra settori e rivelano un particolare tutt’altro che scontato: nel nostro Paese i più pagati, in assoluto e in relazione agli stipendi dei propri dipendenti, non sono i banchieri. E nemmeno i petrolieri, che guidano per la maggior parte società pubbliche. Sono invece i consiglieri delegati delle imprese industriali con alcuni valori top nella moda e nella meccanica, che comprende anche l’automotive. A distanza ravvicinata si trovano poi capi-azienda di gruppi che si occupano di costruzioni, cemento e grandi opere.





Le cifre
Qualche premessa per leggere meglio cifre e ratio. Come si è detto ai vertici per incassi ci sono i top manager che concentrano le deleghe operative. I presidenti, quando ricoprono solo quella carica, che di frequente sommano ad altre in aziende diverse, sono spesso professionisti che ricevono emolumenti di gran lunga più contenuti e in taluni casi per così dire «simbolici». In secondo luogo ai compensi ordinari cash, sia fissi sia variabili, si possono aggiungere cifre non ricorrenti legate a piani di incentivazione equity (azioni) che determinano plusvalenze teoriche indicate in bilancio a fair value: considerata la natura una tantum ma pur sempre di compenso può essere opportuno indicare i multipli rispetto agli stipendi dei dipendenti con e senza questa componente che in qualche caso raggiunge dimensioni molto rilevanti. Infine nei compensi che figurano in bilancio non sono compresi i dividendi degli imprenditori-azionisti che si occupano anche direttamente della gestione. Quanti anni deve lavorare un dipendente medio di industria o di banca per incassare il compenso percepito nel 2015 dal suo amministratore delegato?



Moda e meccanica: servono quasi due secoli per guadagnare quanto il tuo big boss
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Il confronto sui dati 2015

Il pagamento in azioni
Se si considerano le medie, compresi gli emolumenti più alti e bassi, ma senza la parte equity, si scopre che nella moda è necessario quasi 13 volte il multiplo limite di Olivetti, cioè 127 anni, e nell’edilizia-cemento-grandi opere poco meno: 86. Nella meccanica, compresa l’auto, 65 anni mentre in banca (dove però il costo del lavoro è in media leggermente più alto) 34 anni. Nell’energia e petrolio (a prevalente controllo pubblico) 22. Con la parte azionaria, non ricorrente per definizione, nel settore della meccanica il numero di anni passa a 198, nella moda a 153, nell’energia resta a 22 (compensi azionari non sono previsti) e in banca sale a 44. Se si considerano i compensi massimi, nella meccanica il lavoratore medio del settore impiega più di mille anni (1.422) per guadagnare quanto il top manager più pagato, nella moda 430, nell’edilizia 254, nel settore bancario 79. Senza la parte equity il multiplo più alto torna alla moda con 293 anni, quindi nella meccanica è pari a 261 e terzo è nelle costruzioni a quota 221. Nell’energia scende a 40 mentre nel credito è a quota 49.
I discepoli di Adriano
La regola aurea di Olivetti trova invece riscontro tra alcuni presidenti di aziende pubbliche di utility ed energia, i cui emolumenti hanno multipli (rispetto alla retribuzione dei dipendenti) anche pari a 2-3, e presidenti di banca che hanno percepito compensi pari a 5-7 volte gli stipendi dei dipendenti. Raro invece che ciò si verifichi in aziende industriali private. Ritornando a medie e mediane (senza i valori più alti e più bassi) le differenze fra settori, e soprattutto fra industria privata e banche, alimentano riflessioni su come in prospettiva queste forbici possano anche allargarsi, considerando per esempio nel credito l’attenzione dei regolatori — ma anche degli azionisti, soprattutto fondi internazionali — su ammontare e composizione dei compensi delle figure apicali. E possano influenzare i flussi delle competenze sul mercato: considerati i valori assoluti e i multipli rispetto ai dipendenti, la presenza o no di indicazioni delle authority, si può pensare che il mercato indirizzi sempre più i talenti manageriali migliori soprattutto verso alcuni settori dell’industria privata.
Gli interrogativi
Con effetti sulla selezione delle figure top operative nel pubblico o nel credito, in passato fucine di élite. Nelle banche, interessate da un particolare movimento di ricambio dovuto allo sviluppo di nuovi modelli di business e alla sfida tecnologica, si rischiano minore attrattività e quindi maggiori difficoltà di reclutamento? Interrogativo non di poco conto. Soprattutto perché la svolta epocale in corso nel mondo bancario (e assicurativo) può attenuare le differenze fra competenze, e quindi fra mestieri, in precedenza molto più distanti fra loro.

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